Coronavirus e prevenzione

CORONAVIRUS: STRATEGIE PREVENTIVE POSSIBILI IN MANCANZA DI UN VACCINO

 

Mascherine, guanti e coronavirus: strategie preventive possibili in mancanza di un vaccino

 

Testo scritto per il numero 4 di aprile 2020 della rivista DIAGNOSI E TERAPIA dal Prof. Massimiliano Noseda, medico chirurgo, specialista in igiene e medicina preventiva, docente universitario

 

Tutte le mascherine in commercio o in vendita in farmacia proteggono dal coronavirus ?

Assolutamente no. Il coronavirus ha dimensioni variabili tra 60 e 180 nm e, pertanto, solo una mascherina appositamente pensata per il rischio biologico è in grado di proteggerci realmente. E’ bene sapere, infatti, che molte delle mascherine disponibili in commercio non sono adatte a tale scopo in quanto hanno una capacità filtrante inadeguata. Infine, per garantire la sicurezza microbiologica, le mascherine devono essere vendute preferibilmente in confezioni sigillate e singole.

 

Come faccio a sapere se una mascherina mi protegge realmente ?

Deve avere un particolare marchio CE ovvero una certificazione EN149 specifica per dispositivi respiratori che deve essere riportata sulla confezione. E’ importante verificare, poi, anche la capacità filtrante: in laboratorio, ovvero in condizioni ottimali e controllate, il filtro FFP2 ha un’efficacia del 92% mentre quello FF3 del 98%. Meglio, quindi, optare per quest’ultimo quando possibile scegliere. E’ bene, però, specificare che la mascherina deve essere utilizzata sempre in aggiunta e mai in alternativa alle altre strategie preventive come ad esempio il lavaggio delle mani e la distanza sociale.

 

Chi dovrebbe usarla ?

E’ opportuno precisare che nelle situazioni di emergenza tali dispositivi diventano un bene prezioso, al pari dell’acqua nel deserto, e pertanto non devono essere sprecati. Dobbiamo, inoltre, sapere che sul mercato sono disponibili altre mascherine, come quelle chirurgiche, che sebbene costituiscano una barriera grossolana ed aspecifica possono essere proposte ma solo nei casi di evidente basso rischio o per contatti fugaci in associazione alle comuni norme igieniche. La scelta del dispositivo più adatto dipende, infatti, da diversi fattori che non comprendono solo la categoria di appartenenza del destinatario ma anche la frequenza d’uso, il rischio di esposizione, la contagiosità e la letalità della patologia da cui ci si vuole difendere. L’uso di una mascherina dovrebbe, comunque, essere sempre valutato non solo negli infetti per evitare di contagiare altre persone o superfici comuni ma anche in chiunque per motivi lavorativi possa venire a contatto con soggetti a rischio e, pertanto, non solo negli operatori sanitari ma anche nelle forze dell’ordine e negli addetti ai servizi essenziali a diretto contatto col pubblico. Meritevoli di particolari protezioni sono, poi, i famigliari che assistono un paziente infetto e chiunque si trovi in una situazione in cui non è possibile mantenere la distanza di sicurezza come un soggetto su un mezzo pubblico affollato nell’ora di punta o in caso di rischio aumentato come un anziano con polipatologie croniche costretto a spostarsi per cure sanitarie indifferibili. Si precisa, tuttavia, che la miglior strategia possibile per prevenire il contagio è un’altra: rimanere a casa. Infatti, evitare ogni contatto con l’esterno risulta essere sicuramente la strategia più economica e più efficace quando applicabile. Ciò consente allo stesso tempo di riservare il maggior numero di dispositivi con filtri specifici a chi in questo momento è impegnato per tutti noi nella cura degli affetti, nel mantenimento dell’ordine pubblico e nell’erogazione dei servizi essenziali.

 

Quali indicazioni ufficiali ha dato invece l’Organizzazione Mondiale della Sanità per l’uso delle mascherine mediche classiche ?

Premettendo che la mascherina medica classica non è dotata dei particolari filtri FFP2 e FFP3 di cui abbiamo parlato, l’Organizzazione Mondiale della Sanità specifica che riguardo a tale dispositivo non vi è evidenza che possa proteggere dal coronavirus covid 19 se usato da solo e che, pertanto, quando indossato, deve comunque essere utilizzato non in alternativa ma sempre in aggiunta alla corretta igiene delle mani e alle altre misure di prevenzione come la distanza sociale. Ciò, premesso, tale ente internazionale ne raccomanda l’uso in casi specifici. Suggerisce, infatti, di indossarlo solo in caso di sintomi prima di chiamare il soccorso medico oppure a chi assiste al domicilio un soggetto infetto o presunto tale quando si condivide la stessa stanza. Non ne prevede l’utilizzo nei soggetti senza sintomi. Resta comunque sottinteso che questa è solo un’indicazione molto generale che deve essere, poi, adattata al contesto o al caso specifico. Il video ufficiale in lingua inglese è disponibile a questo link https://www.who.int/emergencies/diseases/novel-coronavirus-2019/advice-for-public/when-and-how-to-use-masks 

 

Chi potrebbe avere problemi nell’indossarla ?

Solitamente bambini e uomini con la barba in quanto la mancanza di adesione perfetta alla conformazione del viso potrebbe diminuirne l’efficacia per possibili fughe d’aria laterali.

 

Come si indossa correttamente ?

Prima si lavano accuratamente le mani e il volto con acqua e sapone o con un disinfettante a base alcolica, poi si scarta la mascherina e la si indossa avendo cura di adattarla bene alla conformazione del volto. Evitare sempre di toccarla durante l’uso e, se ciò dovesse capitare inavvertitamente, provvedere immediatamente a rilavarsi le mani. E’ bene, inoltre, sostituirla se dovesse diventare eccessivamente umida oppure rimuoverla al termine dell’uso avendo cura di afferrarla per l’elastico posteriore e non per la coppa anteriore che potrebbe essere contaminata. Gettarla, quindi, nell’indifferenziata prestando attenzione a chiudere bene il sacchetto di raccolta. Infine, lavarsi nuovamente ed accuratamente sia le mani sia il volto con un disinfettante adatto. Le mascherine usate non andrebbero conservate in altri luoghi, nè riutilizzate perché potrebbero diventare loro stesse veicolo d’infezione.

 

E’ bene utilizzare anche i guanti ?

Certamente e soprattutto negli spazi pubblici condivisi. Il contagio, oltre alla via aerea classica, può avvenire anche tramite le proprie mani toccando superfici contaminate come banconote, chiavi, corrimani, maniglie di porte o finestre, pomelli di armadi e manici di utensili come le scope, rubinetti e pulsanti del wc, interruttori della luce, carrelli della spesa, touch screen, cornette di citofoni e telefoni pubblici, volanti e cambi di auto in uso a più persone, microfoni personali e professionali, tavoli o sedie, tastiere di citofoni, cellulari, computer condivisi, bancomat, ascensori o distributori automatici. Questo perché il coronavirus è dotato di un envelope, ovvero di un particolare rivestimento esterno che gli consente di sopravvivere, anche se per tempi limitati, al di fuori del corpo umano facilitando in tal modo il contagio. Da qui anche l’importanza di utilizzare quotidianamente disinfettanti a base di cloro o alcool, soprattutto nei luoghi pubblici, per pulire tali superfici ed inattivare il virus. In alternativa è, però, possibile anche lavarsi frequentemente le mani evitando di portare le dita a diretto contatto con le mucose di bocca, naso ed occhi.

 

Come si lavano correttamente le mani ?

Dopo aver dato una prima sciacquata alle mani sotto l’acqua corrente, sfregare bene e ripetutamente con il sapone o una soluzione alcolica a livello di palmi e dorsi delle mani, spazi interdigitali, unghie e polsi. La procedura deve durare non meno di 40 – 60 secondi. Usare, infine, un fazzoletto monouso di carta prima per asciugarsi le mani e poi per chiudere e ripulire il rubinetto dell’acqua.

 

E’ utile la domiciliazione forzata ?

Tra le strategie attuabili, se correttamente applicata, è potenzialmente la più efficace. Se, infatti, un individuo sano non viene a contatto con un soggetto o un oggetto infetto non potrà mai sviluppare né l’infezione né la patologia polmonare. Questo è, infatti, il motivo per cui è bene limitare il più possibile le uscite non strettamente necessarie. A tal proposito, è opportuno ricordare, che la quarantena è un isolamento forzato che nasce a Venezia nel XIV secolo come strategia di prevenzione dalla peste e da altre malattie contagiose che potevano giungere dall’Oriente conseguentemente all’intensa attività marittima e agli scambi commerciali. L’autorità locale, proprio per scongiurare tale pericolo concreto, imponeva alle imbarcazioni di stazionare nella laguna per quaranta giorni prima di consentire l’accesso di persone e merci in città. Si noti che la parola quarantena deriva proprio da tale lasso temporale e che anche in quel caso si trattava di una disposizione coatta ovvero imposta per legge.

 

Quali altri consigli comportamentali è bene adottare ?

Evitare assembramenti di persone e quindi, se davvero indispensabile, utilizzare mezzi pubblici o accedere ad esercizi commerciali negli orari non di punta e preferire sempre forme di interazione a distanza come il telefono o la videoconferenza. Ciò significa indirettamente ad esempio che è bene incentivare il lavoro da casa quando possibile. Limitare, inoltre, le uscite dal proprio domicilio a necessità indifferibili come l’approvvigionamento di cibo e le motivazioni sanitarie come le visite mediche urgenti o l’acquisto di farmaci. Areare, infine, spesso i locali condivisi da più persone e rispettare la distanza minima di sicurezza interpersonale di un metro. Si osservi a tal proposito che la raccomandazione prevede di stare non “a un metro” ma “almeno a un metro”. Questo in quanto più un individuo si allontana da un soggetto infetto o presunto tale, tanto più diminuisce la probabilità di essere contagiato fino a raggiungere il valore zero per distanze progressivamente superiori.

 

Come si manifesta la sintomatologia in caso d’infezione da coronavirus ?

Premesso che sono possibili anche casi asintomatici, ovvero individui che pur avendo il virus non manifestano alcuna sintomatologia, solitamente l’infezione si presenta come una problematica prevalentemente respiratoria caratterizzata da naso che cola, starnuti e tosse ma può dare anche febbre, mal di testa o di gola, occhi arrossati, dolori articolari e spossatezza. Tuttavia, la comparsa di tale corteo sintomatologico non deve far allarmare perché è possibile che il soggetto abbia un’altra patologia delle vie aeree come l’influenza. Soggetti anziani con polipatologie o pazienti con problematiche immunitarie o respiratore croniche e pregresse sembrano essere maggiormente a rischio o comunque potrebbero avere sequele più gravi. Nei casi dubbi di contagio da coronavirus, il personale sanitario potrà decidere di effettuare il tampone per giungere ad una diagnosi di certezza.

 

In cosa consiste esattamente il tampone ?

Il tampone somiglia ad un cotton fioc. Solitamente ne vengono fatti 2 a livello faringeo e 2 a livello nasale, uno per narice. Serve a prelevare, mediante semplice imbibizione da contatto, una piccola quantità di saliva e muco al fine di analizzarlo in laboratorio e verificare l’eventuale presenza del coronavirus. E’, pertanto, del tutto indolore e richiede solamente qualche secondo. Dopo il prelievo il tampone viene conservato in un contenitore simile ad una provetta ad una temperatura di 4 gradi ed inviato al laboratorio di virologia per l’analisi. Il responso viene fornito mediamente in 4 – 6 ore. E’ opportuno precisare, però, che questo è un test diagnostico e non una strategia preventiva; in altre parole, serve solo per capire se il soggetto è già affetto da coronavirus e non ad evitare il contagio.

 

Cosa deve fare il cittadino in caso di necessità ?

Contattare telefonicamente il proprio medico di medicina generale o la guardia medica per valutare insieme il da farsi. In alternativa sono a disposizione per le emergenze il 112 e per informazioni la linea verde 1500 del Ministero o i numeri regionali dedicati ( Tab 1 ). E’ invece opportuno evitare di recarsi in pronto soccorso sia perché in caso di reale infezione si potrebbero involontariamente contagiare altre persone sia perché si potrebbe venire a contatto con persone infette e quindi contrarre l’infezione in tale sede.

 

Testo a cura del Prof. Massimiliano Noseda. 

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Tab. 1 NUMERI VERDI REGIONALI UTILI PER INFORMAZIONI SULL’EMERGENZA CORONAVIRUS

 Basilicata: 800 99 66 88

 Calabria: 800 76 76 76

 Campania: 800 90 96 99

 Emilia-Romagna: 800 033 033

 Friuli Venezia Giulia: 800 500 300

 Lazio: 800 11 88 00

 Liguria: 800 938 883 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9 alle16 e il sabato dalle ore 9 alle 12

 Lombardia: 800 89 45 45

 Marche: 800 93 66 77

 Piemonte800 19 20 20 attivo 24 ore su 24 oppure 800 333 444 attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 8 alle 20

 Provincia autonoma di Trento: 800 867 388

 Provincia autonoma di Bolzano: 800 751 751

 Puglia: 800 713 931

 Sardegna: 800 311 377

 Sicilia: 800 45 87 87

 Toscana: 800 55 60 60

 Umbria: 800 63 63 63

 Val d’Aosta: 800 122 121

 Veneto: 800 462 340

 

MASCHERINE "SICURE" PER DECRETO

 

 

Lettera comunicazione ricevuta dall'Ordine dei Medici di Milano sul tema mascherine   05 marzo 2020   Correva l’anno 1986 e io stavo studiando medicina. Un giorno mio padre, medico di famiglia, torna a casa e mi racconta una storia: lui era un tipo scanzonato, riminese di nascita e milanese di adozione. Gli piacevano le situazioni ridicole e spesso sorrideva della stupidità dei politici. Ebbene, un suo paziente che lavorava all’acqua potabile gli aveva raccontato la vicenda dell’atrazina. Per farla breve, questo diserbante inquinava l’acqua potabile. Siccome aumentava sempre di più, per evitare di chiudere i pozzi, i politici, prima locali e poi nazionali, si erano inventati di fare un decreto che spostava “amministrativamente” i livelli di potabilità, innalzando la tollerabilità per questo inquinante. Facendo un po’ di ricerche, sono anche riuscito a trovare un articolo del 1989, in cui addirittura, per evitare le censure europee, si stabilivano diversi livelli di tollerabilità a seconda delle diverse zone del Paese. Fino a pochi giorni fa affrontare il coronavirus senza mascherine con filtro FFP3 o superiore era altamente sconsigliato. Ma le mascherine (dicono) non si trovano. Così spunta l’indicazione dell’OMS del 27 febbraio 2020 che dice che le mascherine chirurgiche vanno benissimo (anche se insieme a guanti, occhialini e camice monouso) e addirittura questa indicazione verrà messa in un decreto ministeriale. Chissà perché, a me viene in mente la vicenda dell’atrazina, resa innocua da un decreto!

MASCHERINE MEDICHE: LE INDICAZIONI DELL'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITA'