Nella stanza misteriosa

NELLA STANZA MISTERIOSA di Frances Hodgson Burnett (1904) - recensione didattica

 

Nella stanza misteriosa ("In the closed room") è un racconto breve di Frances Hodgson Burnett (1849 - 1924), autrice di spicco della letteratura per l'infanzia che ci ha regalato indimenticabili classici come "Il piccolo lord", "La piccola principessa" e "Il giardino segreto". Per il commento e le citazioni si fa espressamente riferimento al testo di Annarita Tranfici e Tatiana Sabina Meloni, prodotto da Youcaprint Self-Publishing, di cui è possibile vedere qui sopra la copertina.

 

Il racconto del 1904 non è stato tradotto in italiano per oltre un secolo e precisamente fino al 2016, probabilmente anche a causa del tema portante, considerato tabù non solo nella narrativa per l'infanzia ma anche nei discorsi coi più piccoli, ovvero la morte. Nel testo, infatti, Jane, madre della protagonista Judith, sostiene a pagina 14 "Non credo sia opportuno parlare a una bambina di persone ormai defunte. Non è sano." Tale idea risulta condivisa anche dal padre Jim che non solo risponde "Proprio così. E' meglio che i bambini tengano la testa fuori dai cimiteri" ma che dinnanzi al desiderio della figlia di sognare la defunta zia Hester esclama "Ma buon Dio, che cosa bizzarra da dire per una ragazzina". Genitori e lettori dovranno, però, ricredersi sui luoghi comuni in quanto l'epilogo della storia di Judith suggerirà a tutti una diversa chiave di lettura della morte, del suo significato e della realtà stessa. Tale tematica spirituale viene anticipata fin dall'inizio del racconto. A pagina 16, infatti, sentendo una vicina di casa piangere, Judith sussurra in tono misterioso "Lei non lo sa... Non sa che tutto questo non è reale". E anche nella pagina precedente, l'autrice, parlando della protagonista, racconta che "Voleva solo dimenticare il calore, i rumori e quel disagio e raggiungere la zia Hester. Se ci fosse riuscita tutto sarebbe scomparso; tutto sarebbe diventato irreale e avrebbe intuito che solo la leggerezza, l'aria che odorava di fiori e quell'incantevole panorama luminoso erano veri. Una volta, mentre si rigirava nel suo lettino, scoppiò in una risata soffocata pensando a quanto false fossero le cose in realtà e a quanto fosse strano che la gente non lo avesse ancora capito. Cose che lei stessa invece aveva compreso [...] ".

 

Pur non essendo basata su alcun fondamento scientifico, la storia racconta di come non sia necessario alla protagonista parlare per comprendere e comunicare. E questo non solo con alcuni abitanti della foresta, come uccellini e scoiattoli, ma anche con una misteriosa bambina di nome Andrea che solo in seguito si scoprirà essere un'anima defunta. A pagina 18, infatti, in riferimento agli animali l'autrice scrive "Essi non usano parole; con loro non sono necessarie" e ancora, a pagina 20, la nuova amica dice alla protagonista "vieni a giocare con me" precisando però che "Judith non udì alcuna voce". Inizialmente gli incontri con Andrea avvengono nel sonno ovvero in momenti di silenzio e tranquillità psicologica. Da pagina 19 a pagina 21, infatti, si parla chiaramente di "risveglio", "dormire" e "sonno". Più precisamente la prima volta la vede soltanto e la seconda ne percepisce l'invito al gioco. In seguito, invece, Judith sembra affinare ulteriormente questa sua abilità comunicativa arrivando nella seconda parte del racconto non solo a vedere la nuova amica nella stanza segreta della sua nuova abitazione in pieno giorno ma anche a giocarci e comunicare in modo sempre più articolato e profondo. 

 

La prima abitazione di Judith viene descritta come un luogo angusto, oppressivo, rumoroso e affollato. Una condizione non ottimale per sviluppare la sua particolare capacità. A pagina 1 si parla, infatti, di "una stanzetta quadrata e mal ventilata [...] a pochi metri dai binari della ferrovia sopraelevata", nella quale "suo padre e sua madre dormivano accanto a lei" e "alcune persone nell'appartamento accanto stavano litigando". Da notare, inoltre, l'accento che viene posto fin da subito sulla diversità tra Judith e i suoi coetanei. Mentre la bambina odiava il treno per il "frastuono di quel demonio che sfrecciava accanto alle finestre a intervalli frequenti", "ai bambini che vivevano negli altri appartamenti il treno piaceva abbastanza". E sempre, a pagina 2, si dice che "Judith non assomigliava ai coetanei che occupavano altri alloggi. Era una fragile, curiosa creatura, dai modi silenziosi, la voce dolce e gli occhi gentili. Le piaceva starsene a giocare da sola in un angolino della stanza e chiacchierare tra sé e sé.". Decisamente più silenziosa è, invece, la cittadina e l'abitazione in cui la famiglia della protagonista andrà a vivere. A pagina 25 si parla, infatti, di "strada tranquilla a qualsiasi ora del giorno e che in quelle condizioni assumeva quasi l'aspetto di una via abitata dai morti". Idea ripresa di seguito anche dalla madre che afferma "Beh, sembra molto tranquillo, quasi fosse un cimitero". Si noti la sottile introduzione del tema della morte associata al silenzio e funzionale ad anticipare la seconda parte del libro dove l'ambiante tranquillo favorirà la maturazione del rapporto tra Judith e la nuova amica defunta. Anche la protagonista sembra apprezzare fin da subito la nuova casa dicendo, a pagina 25, la prima volta che si reca sul posto con la madre "che silenzio che c'è qui..." e ancora a pagina 29 "E' la casa più silenziosa in cui sia mai entrata". Concetto rimarcato anche dall'autrice qualche riga prima affermando che "ovunque Judith percepì una profonda quiete e un profondo silenzio". Il confronto tra le due abitazioni ci permette anche di ricordare e rimarcare un concetto molto caro a Frances Hodgson Burnett, e presente anche ne "Il giardino segreto" ovvero quello secondo cui l'ambiente costituisce uno stimolo potente ed imprescindibile per lo sviluppo e la maturazione psicofisica del bambino. 

 

Altro elemento tematico presente sia ne "Il giardino segreto" sia "Nella stanza misteriosa" è quello della curiosità infantile da intendersi come motore dell'azione volto sia a stimolare la protagonista a nuove esperienze di crescita personale sia ad appassionare il lettore al racconto motivandolo ulteriormente alla lettura del seguito anche al fine di condividere il piacere della scoperta del mistero insieme alla protagonista. Ciò è particolarmente evidente al termine della prima parte del racconto quando Judith e la madre si trovano davanti ad una stanza con la porta chiusa. La sua esistenza era già stata anticipata dal padre Jim quando aveva proposto alla moglie di trasferirsi nella nuova abitazione dicendo a pagina 23 "E' stato lasciato tutto aperto, solo una stanza è chiusa a chiave, di cui non vogliono che ci si occupi". Frase che di certo non era sfuggita al lettore più attento anche considerato il titolo del racconto, ovvero "Nella stanza misteriosa". Tale locale si trova più precisamente "sul retro al quarto piano" e, durante il primo giro perlustrativo a pagina 30, si racconta che "-Questa non si apre- disse Jane quando provò a girare la maniglia. Poi la scosse una o due volte. -No, è chiusa a chiave-, concluse dopo uno sforzo o due. Che fosse quella la stanza fu logicamente dimostrato dal fatto che non ne trovò altre bloccate mentre portava a termine il suo giro delle camere." Tale esperienza, pur facendo sentire Judith stanca e affaticata (pagine 30 e 31) come se il contatto con il soprannaturale richieda uno sforzo inconscio non trascurabile, motiva la ragazza ulteriormente alla scoperta. Sempre a pagina 31, infatti, a proposito di Judith si dice che "Desiderava così tanto entrare nella stanza. Pur non comprendendo affatto quella sensazione, la bambina si sentì parecchio scossa dalla scoperta. [...] C'era qualcosa al suo interno che Judith voleva vedere. C'era qualcosa. Qualcosa che voleva conoscerla a sua volta. Che peccato che quella stanza fosse chiusa! Perchè era stato fatto?". E poi ancora a pagina 32 si puntualizza "era come se non stesse solo ascoltando, ma anche attendendo qualcosa" e a pagina 33 si ribadisce che la stanza al quarto piano "era quella che contava più di tutte". Interessante e anticipatorio è, infine, anche il ritratto citato a pagina 28 e presente in biblioteca che raffigura la bambina che Judith aveva già incontrato nei suoi sogni. "Il quadro rappresentava una fanciulla che indossava un fluttuante abito bianco. Aveva una fossetta profonda a un angolo della bocca, i capelli di un color rame lucente, e teneva alta una manina sottile dalle dita appuntite. Judith la conosceva. Oh, sì! La conosceva piuttosto bene." La descrizione, con particolare riferimento alla fossetta vicino alla bocca, ai capelli ramati e alle lunghe dita affusolate, è infatti la stessa che il lettore aveva già trovato a pagina 20 in riferimento alla bambina sognata.

 

La seconda parte del racconto si apre con la trasformazione del desiderio in azione concreta. Infatti fin dall'inizio si dice a pagina 35 che "Judith salì lentamente le scale del seminterrato" mentre "sua madre era occupata" e "certa che non si sarebbe resa conto della sua mancanza". L'attrazione esercitata dall'oggetto del desiderio sembra crescere progressivamente ed essere irresistibile. A tal proposito si racconta a pagina 36 che "al quarto piano si trovava la camera misteriosa, quella in cui avrebbe dovuto entrare - perchè doveva farlo - e ciò era tutto quello che sapeva." E ancora nella pagina seguente si dice "Sì, doveva raggiungerla, doveva toccarla." L'arrivo a destinazione è caratterizzato da un estremo silenzio, condizione fondamentale per vivere a pieno l'esperienza mistica. A pagina 37 si racconta, infatti, che Judith "con quello strano sorriso sulle labbra e negli occhi, poggiò la mano sulla porta - non sulla maniglia, ma sulla porta. Senza far rumore, questa vacillò, aprendosi senza difficoltà. E, silenziosamente, la bambina entrò nella stanza." Il locale era caratterizzato da "due finestre che davano sul tetto liscio di un interno" che sembrava "una sorta di giardino" dove vi trovò "piante secche e appassite". Solo in un secondo momento, a pagina 40, notò "una grande casa delle bambole", "con alcuni accessori estratti e lasciati accanto", "come se qualcuno avesse appena smesso di giocarci". Subito dopo vede prima una bambola che le sembra "anche lei morta", espressione da ricollegare alla visione delle piante appassite di pagina 38 che comunicano la stessa idea di morte, e infine ritrova anche la stessa bambina che aveva già osservato sia in sogno sia nel ritratto in biblioteca, ovvero l'anima di Andrea. Che la fanciulla non possa essere viva è chiaro anche da quanto anticipato a pagina 36, ancor prima di entrare nella stanza misteriosa, dove si dice che "non vi era alcuna cosa vivente su questo piano, ne al successivo o a quello dopo ancora". Tuttavia, è altrettanto palese che questa sia la camera di Andrea in quanto a pagina 40 si precisa che "la ragazzina sapeva dove erano custoditi tutti i giocattoli [...] Spiegò a Judith dove trovarli e come sistemarli per i loro giochi."

 

L'esperienza nella stanza segreta si associa non solo a sentimenti di "pura felicità" e di "strana leggerezza e libertà di movimento" ma anche a una vera metamorfosi della protagonista che, infatti, a pagina 42 sembra "diventare sempre più bella nel floreo candore del suo viso e delle sue mani." Tale cambiamento verrà notato a pagina 46 anche dalla madre Jane che però lo imputerà "agli alloggi spaziosi, all'aria fresca e al sonno più profondo" rimanendo del tutto ignara dell'esperienza mistica della figlia fino al termine del racconto. Di tale felicità ed estasi, di cui era interamente pervasa, ne diventa consapevole la stessa Judith, a pagina 39, che "ora comprendeva perchè era venuta qui; per potersi sentire in questo modo, come se accolta in un mondo molto distante dalle cose che conosceva, come se avesse lasciato tutto alle spalle, quasi come se si fosse svegliata di nuovo." E proprio grazie a questo nuovo modo di sentire la protagonista inizia a guardare al mondo da una nuova prospettiva. A pagina 39, infatti, mentre Judith si trova nel giardino della stanza misteriosa, "alzò il viso verso il cielo e le nuvole fluttuanti. Sembravano così vicine che le parve quasi di poterle toccare con la mano. La strada sotto di lei appariva così distante - così lontana - tutto il mondo le sembrava lontano. Se qualcuno fosse sceso da quel parapetto avrebbe impiegato molto tempo a raggiungere il suolo." Similari ed interessanti comparazioni tra il mondo terreno sottostante e la dimensione celeste sovrastante, a cui Judith sente di appartenere sempre più, sono presenti anche a pagina 45 dove si dice che "il mondo sotto scompariva non appena metteva piede nella stanza", a pagina 53 in cui si precisa che "la bambina aveva l'impressione di allontanarsi sempre più dalla folla che invade le strade" e ancora a pagina 56 quando "terminato di giocare, uscirono nel giardino sul tetto, si fermarono ad osservare il blu del cielo sopra le loro teste. Quanto era celeste, quanto era luminoso, quanto vicino e reale! E quanto lontane e irreali apparivano le strade sotto di loro". Un ultimo riferimento è presente anche a pagina 57 durante l'ultimo viaggio di Judith. Significativo, poi, è anche l'episodio in cui l'anima di Andrea sfiora alcune piante secche con mano facendole rivivere, "risvegliarsi e distendersi", esclamando al termine "E' la vita". Questo in quanto la morte, secondo l'ottica proposta dall'autrice, non dovrebbe essere considerata la fine dell'esistenza ma al contrario un nuovo inizio che solo gli individui più sensibili possono comprendere e vivere a pieno. I fiori tornano, infatti, ad appassire a pagina 48 quando vengono allontanati dal giardino della stanza misteriosa e portati alla madre Judith a pian terreno, metafora della superficialità del genere umano e del differente modo di approcciarsi alla vita. Ed è così che per Judith l'esperienza nella stanza misteriosa diventa rapidamente qualcosa di naturale e quotidiano che la porta progressivamente ad abbandonare ogni esitazione e a vivere con pienezza questa nuova esperienza di crescita. A pagina 45 si racconta, infatti, che "nelle settimane che seguirono quella sua abitudine di giocare al piano di sopra fu accettata come una cosa del tutto naturale. [...] Ogni giorno si presentava davanti alla porta della stanza misteriosa e, trovandola chiusa, con un semplice tocco della mano sopra il pannello, questa si apriva delicatamente. Lì attendeva - a volte a lungo a volte per un tempo più breve - che la bambina coi capelli color rame la raggiungesse. Il mondo scompariva non appena metteva piede nella stanza, e insieme trascorrevano ore a giocare, travolte dalla gioia che pervade i bambini che felici si divertono insieme."

 

La richiesta dell'anima di Andrea a Judith di disporre i giochi in un determinato modo nella stanza segreta prima dell'ingresso della propria madre rappresenta il tentativo estremo di comunicare la sua reale presenza in casa dopo la sua morte. Per farlo utilizza l'unico linguaggio che la donna è capace di comprendere a pieno, ovvero quello materiale, non essendo stata in grado di attivare con la madre un rapporto intimo e diretto come è invece avvenuto con Judith. La signora Haldon rivela, infatti, a pagina 61 di essere terrorizzata dalla presenza della figlia defunta in questa casa che riferisce di aver percepito "nella sua camera", "in biblioteca" e poi "ovunque". Motivo per cui sarebbe tornata da sola all'insaputa dei parenti esclamando sia "Nessuno sa che sono qui!", sia "Loro non mi avrebbero permesso di tornare". Questo verosimilmente in quanto la donna è stata bollata come folle dai parenti che per il suo bene hanno deciso di trasferirsi altrove oppure in quanto tutta la famiglia è rimasta scossa da eventi, ritenuti sovrannaturali e incomprensibili, che si sono verificati nella casa subito dopo la morte della figlia. La rapida dipartita degli Haldon dopo il lutto è provata da vari elementi sparsi nel testo. Ad esempio, a pagina 37 Judith, tornando da sola alla stanza misteriosa, pensa di essere in "...una casa così grande e così vuota. Dove erano finite le persone che vi abitavano e perchè l'avevo lasciata come se vinti dalla paura? Suo padre aveva solo sentito dire, in maniera piuttosto vaga, che erano andati via perchè avevano avuto dei problemi." La motivazione risulta più chiara a pagina 58-59 quando la signora Haldon "vestita in lutto" bussa alla loro porta ed entra in casa rapidamente "come se non vi fosse alcun motivo per cui sarebbe dovuta restare alla porta anche per un solo istante". Ed è a questo punto che Jane, madre di Judith, comprende a pagina 60 il motivo per cui in una stanza della casa "le sedie sembravano disposte per un incontro e i fiori di cera bianca erano sparsi per tutto il pavimento". Non si trattava di un concerto come ipotizzato a pagina 27 bensì di un funerale. Tale evento è confermato anche dalla frase della signora Haldon a pagina 61 "Non sono più tornata qui da quando sono uscita con lei...". Tuttavia, più o meno come percepito da Judith, anche la donna avverte il richiamo della camera misteriosa dove c'è un messaggio per lei. Infatti, sempre a pagina 61 la signora Haldon dice "Come ho potuto venire qui! Perchè l'ho fatto? Ma non potevo stare lontana da questo posto. Ho cercato di rimanere in montagna ma non ci sono riuscita. Qualcosa mi trascinava via da lì, giorno e notte." Ciò sembra implicare che non tutti sono in grado di percepire le chiamate dal soprannaturale, o di comprenderne a fondo il significato, verosimilmente spesso anche per il senso di paura e inquietudine che la cultura popolare associa alla morte e che sembra ostacolare la comunicazione. A pagina 55 la defunta dice, infatti, "-Ecco quale era il suo aspetto- disse. -Poi sono arrivati e hanno nascosto e coperto tutto, come se me ne fossi andata... come se mi trovassi altrove. Voglio che lei sappia che vengo qui. Non ho potuto dirglielo personalmente. Potresti farlo tu per me. Và e portale delle rose.-". La madre di Judith, infatti, in accordo con il credo comune è convinta, a pagina 61, che la figlia non sia più tra loro e che si trovi a "migliaia e migliaia e migliaia di miglia di distanza". Dovrà ricredersi però nel finale quando la particolare disposizione dei giocattoli sarà la prova tangibile della presenza di Andrea in casa persistente alla morte, avuta grazie all'aiuto di Judith prima che anche quest'ultima abbia lasciato le sue spoglie terrene. Esclamerà, infatti, a pagina 64 "E' stata qui per mostrarmi che non è così lontana!".

 

La morte di Judith non avviene nelle ultime battute finali ma, come i lettori più attenti avranno ben compreso, già a pagina 56-58 quando Andrea la tocca per la prima volta. In precedenza, ovvero a pagina 46, l'anima della defunta l'aveva invitata a non toccarla quando la giovane tentò durante gioco di porle sul capo una corona di rose e, pertanto, medesima raccomandazione aveva fatto la stessa Judith alla madre Jane a pagina 52 nell'unica occasione in cui la ragazza decise di rivelare alla genitrice di essere riuscita ad aprire la porta segreta e di aver giocato con una misteriosa bambina. Si noti la razionalità delle ipotesi formulate dalla madre che, sempre a pagina 52, ritiene la compagna di giochi della figlia prima il frutto della fantasia affermando "Beh, sembra quasi tu stia parlando di una bellissima ragazza immaginaria" e poi a pagina 63 "una bambina che la raggiunge camminando sul tetto della casa accanto". Inoltre, Jane a pagina 51 non crede a quanto riferito dalla figlia tanto che "era sicura che la bambina si fosse sbagliata circa la camera in cui era entrata". Il trapasso avviene come un normale addormento ma prevede un risveglio in un giardino decisamente più ampio rispetto a quello visto nella stanza misteriosa che aveva rappresentato verosimilmente solo l'anticamera di un nuovo mondo. Si tratta, infatti, di un luogo naturale e meraviglioso in cui ad attenderla vi è anche l'amata zia Hester. Si descrive, quindi, tra le righe, in un modo assolutamente indolore e sereno, il momento dell'abbandono delle spoglie terrene che avviene non solo in uno stato d'animo di felicità e assoluta serenità della protagonista, del tutto ignara di quanto le stia accadendo, ma esaltando anche la gioia per ricongiungimento affettivo tanto atteso con la propria cara estinta. A pagina 57 si racconta, infatti, che "Uscirono insieme sul tetto tra i fiori, ma stava accadendo una cosa bella, strana. Il giardino non terminava col parapetto e le strade e le case non erano più sotto di loro. Il giardinetto termina in un ampio giardinetto rigoglioso - verdeggiante, con erba soffice e spessa, coperto di muschio, con campanule bianche e blu che oscillavano nel vento. Gli alberi - dal fogliame fresco, come se la primavera li avesse appena risvegliati - facevano ombra e rendevano il luogo incantevole. Sui rami, grandi boccioli bianchi scuotevano le loro corolle e Judith pensò che l'odore che sentiva aleggiare nell'aria provenisse da loro. Dimenticò la città sotto di lei, perchè si trovava a milioni e milioni di miglia di distanza, e quello era il luogo dove voleva essere. Non vi era alcun errore. Era reale. Tutto il resto non lo era, lontano milioni e milioni di miglia. Si strinsero l'un l'altra le mani sottili dalle dita appuntite, poi uscirono sull'ampio sentiero verdeggiante. Non vi erano limiti o confini alla sua bellezza, e vi solo un'altra cosa - del tutto reale - che veniva loro incontro, camminando sotto i candidi alberi in fiore: zia Ester". Si noti la credenza comune a molte religioni che il mondo ultraterreno, denominato anche altrove paradiso o Eden, sia un meraviglioso giardino naturale in cui molti elementi rendono molto bene l'idea di vita e di leggerezza che in esso ovunque si respira. Si usano, infatti, gli aggettivi "rigoglioso e verdeggiante" per descrivere il sentiero ma si citano anche "fogliame fresco e boccioli bianchi" per indicare l'inizio di una nuova, concetto esaltato anche dai termini "primavera" e "risveglio". Altri verbi, invece, come "oscillano" riferito alle campanule o a "aleggiare" accostato al profumo dei fiori attribuiscono alla descrizione un'incredibile sensazione di leggerezza, esaltata dall'assenza di "limiti o confini", che invece caratterizzavano l'angusta camera, descritta nelle prime pagine del racconto, e che invece comunicava al contrario un profondo senso di oppressione. Si tratta, quindi, di una descrizione al tempo stesso semplice e suggestiva che fa da cornice alla comparsa dell'elemento più prezioso del quadro appena dipinto: la tanto attesa e amata zia Hester.

 

Nell'epilogo, invece, solo dopo un confronto diretto in grado di farle riflettere forse per la prima volta, la madre di Andrea e quella di Judith si recheranno di corsa nella stanza misteriosa. Qui scopriranno qualcosa in più non solo sulle proprie figlie, che hanno vissuto l'esperienza comune della morte, ma anche sui misteri dell'esistenza umana che ora sembrano essere in grado almeno di intravedere e che avevano invece fino a quel momento completamente ignorato.

 

In conclusione, e dopo un'attenta analisi dei singoli eventi, è bene fare qualche riflessione generale sul senso del racconto. Innanzitutto è opportuno ricordare che la trama prende spunto da alcuni temi di particolare interesse per Frances Hodgson Burnett, che sono menzionati anche nell'edizione integrale Penguin de "il giardino segreto", ovvero lo spiritualismo, il simbolismo sacro, la teosofia e il Cristianesimo scientista. Tutti argomenti che l'autrice ha sentito il personale bisogno di approfondire dopo la morte all'età di 15 anni per tubercolosi del figlio Lionel nel 1890. "Nella stanza misteriosa" costituisce, pertanto, un tentativo di rielaborazione narrativa della sua personale esperienza e della sua visione dell'esistenza umana volta a colmare il vuoto lasciato da tale perdita e ad affrontare il futuro con maggior serenità. Entrando più nel dettaglio, e come previsto da molte religioni, anche per l'autrice non solo esiste una vita dopo la morte, ma questa sarebbe l'unica vera vita a cui l'essere umano dovrebbe tendere e prepararsi per raggiungere un reale stato di appagamento e felicità. La particolare sensibilità di Judith la porta non solo a comprendere prima degli altri tale aspetto dell'esistenza umana ma anche a viverla precocemente e serenamente. Inoltre, la presenza post mortem di Andrea nella stanza misteriosa implica che non esistono un regno dei vivi e uno dei morti, separati l'uno dall'altro, ma che le anime possono, se lo vogliono, restare o tornare sulla Terra tra i viventi, pur non essendo percepite da chi non mostra particolare sensibilità o interesse per la comprensione dei misteri dell'esistenza umana. Sono forse l'attaccamento ai beni materiali, l'interesse per il concreto e il comune concetto di morte che portano gli esseri umani a temerla, rendendoli miopi e portandoli a considerarla come fine invece di vedere in essa un nuovo inizio. Morte che viene allo stesso tempo epurata non solo dal dolore, in quanto del tutto assente nel clima di gioco e felicità che si percepisce al quarto piano, ma anche dell'angoscia della sua attesa sia in quanto la protagonista ha un assaggio dell'Eden, quando ancora in vita di quello che l'aspetta, sia poichè Judith e anche il lettore non sono consapevoli del momento in cui avverrà il trapasso. In quest'ottica sogni e silenzio possono costituire le chiavi d'accesso terrene per spalancare la porta della stanza misteriosa e scoprire tutti, o almeno parte, i suoi preziosi segreti.

 

Recensione didattica e culturale: tutti diritti del racconto "Nella stanza misteriosa" sono di Frances Hodgson Burnett e, per la versione italiana, di Trafici-Meloni Youcanprint Self-Publishing.

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