Moggy's coming

MOGGY'S COMING. Attacchi terroristici: cosa fare? E' giusto parlarne a scuola?

 

Si chiama “Moggy’s coming” l’opuscolo a fumetti ideato dal medico brigadiere della difesa britannica Tim Hodgetts che, dopo l’attentato di Manchester del 22 maggio 2017, ha pensato di raccontare ai più piccoli cosa fare in caso di pericolo sfruttando la storica metafora del gatto e del topo. In estrema sintesi, la storia inizia con un’esercitazione che alcuni topi fanno per difendersi dall’ipotetico arrivo di un gatto. Così quando il giorno dopo il gatto arriva davvero, i topolini avranno occasione di mettere in pratica quanto precedentemente appreso con successo.

 

Tale iniziativa non risulta essere nè la prima nè l’unica del suo genere in quanto materiale informativo riguardo a cosa fare in caso di attentati terroristici era già stato prodotto e diffuso in passato nelle scuole israeliane e in quelle francesi. Lo scopo dichiarato dall’autore è quello di adattare alla vita quotidiana alcune nozioni di sicurezza mutuate dalla vita militare affinchè tutti ne possano trarre beneficio. Dice infatti Tim Hodgetts: “Dopo un attacco, la differenza può farla la reazione di tutti, ragazzini compresi. Se c’è un attacco indiscriminato sulla gente anche i bambini fanno parte del gruppo e possono essere spazzati via”. Ed è così che la semplice regola mnemonica “run, hide, tell, treat” invita i più piccoli a non rimanere pietrificati dal panico ma a reagire attivamente scappando, nascondendosi o facendo barricata, dando l’allarme e, se possibile, aiutando anche con mezzi di fortuna gli amici in attesa dei soccorsi.

Realizzato con la consulenza di psicologi specializzati in traumi infantili ed esperti della sicurezza, l’opuscolo dovrebbe essere il primo della serie di una serie di libri educativi basato sui topi a fumetti alle prese con situazioni di emergenza. Il materiale, disponibile anche su amazon, sarà distribuito gratuitamente nelle scuole britanniche a partire dal nuovo anno scolastico e si propone di fornire a insegnanti e genitori un valido strumento per parlare ai più piccoli di un tema sicuramente difficile da affrontare. Le notizie di un attacco terroristico sono infatti già di per sè traumatiche ma per i genitori si aggiunge il dilemma se parlarne o non parlarne coi propri figli. Meglio spegnere la televisione e “proteggere” il bambino dalla notizia o meglio parlarne liberamente, cercando di scegliere parole e ribadendo la disponibilità dell’adulto al chiarimento e al supporto, per far si di informarlo senza spaventarlo? Cosa fare, però, se il genitore dovesse scegliere di parlarne e il bambino ne risultasse eccessivamente turbato? Cosa fare, invece, se il genitore dovesse preferire non parlarne ma il bambino venisse a conoscenza della notizia dalle tv senza il supporto di un adulto o dai compagni di classe che magari sottolineeranno di averlo appreso dai propri genitori? O meglio non porsi troppi problemi e delegare tempi e metodi alla scuola?

 

Alcuni esperti sostengono che non sia opportuno parlare ad un bambino di un evento raro che potrebbe probabilmente solo traumatizzarlo, proponendogli tra l’altro la scuola come un luogo insicuro, mentre altri ritengono che il modo migliore per tutelarlo sia quello di informarlo precocemente, con strumenti e parole adatti alla sua età, al fine di farlo reagire nel modo migliore in caso di pericolo che essendo rappresentato dal gatto potrebbe avere differenti interpretazioni possibili. Specifica, infatti, a tal proposito lo stesso Tim Hodgetts: “Se consideriamo l’allegoria, non stiamo parlando di terrorismo, stiamo insegnando a qualcuno cosa fare se si trova suo malgrado in una situazione generica di pericolo: run, hide, tell, treat”. Si perché anche a casa e a scuola che dovrebbero essere luoghi sicuri, almeno nell’immaginario comune, possono verificarsi situazioni di rischio che forse è bene prevenire e fronteggiare al meglio.

 

A prescindere delle diverse idee degli esperti su quale sia l’approccio educativo migliore da seguire, che deve comunque far riflettere, e dall'osservazione tanto ovvia, quanto poco considerata, che la maturità e la sensibilità di un bambino è differente a prescindere dalla pari età anagrafica e che quindi non esistono ricette universali, occorre precisare che probabilmente la percezione del pericolo e la necessità di intervento proattivo a riguardo è sicuramente diversa a seconda del proprio vissuto a prescindere dal rischio reale. Che risposta avremmo se provassimo a chiedere oggi agli insegnanti o psicologi di Manchester se sarebbe utile un intervento educativo sul terrorismo tra i più piccoli nel prossimo anno scolastico? Di certo la risposta di percentuali positive sarebbe probabilmente molto maggiore rispetto alla stessa domanda se proposta prima del 17 maggio 2017. Allo stesso modo, che risposta avremmo se provassimo a chiedere oggi agli insegnanti o psicologi della regione Lazio o del comune di Amatrice se sarebbe utile un intervento educativo sul terremoto tra i più piccoli nel prossimo anno scolastico? Ancora una volta, di certo, la risposta di percentuali positive sarebbe probabilmente molto maggiore rispetto alla stessa indagine se effettuata prima del 24 agosto 2016.

 

E tu, cosa ne pensi ?

 

 

Recensione didattica e culturale Prof. Massimiliano Noseda

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